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14/01/2009 10:24
 
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Psyluke

“Andiamocene, oggi non riusciremo a far nulla con queste persone. Domani torneremo con le forze speciali”
“E’ sicuro, comandante? Di sicuro non sarà una cosa che rimarrà nascosta, e molte persone potrebbero non esserne contente”
“Gli ordini sono ordini. Domani questa scuola sarà svuotata, e dopodomani tornerà in piena funzione. Ora andiamocene, si è fatto tardi e oggi ho lavorato fin troppo”
“Come vuole lei.”

All’interno, Marco guardò le 9 persone che erano con lui. I sacchi a pelo erano disposti in circolo all’interno della biblioteca. Con 10 persone, potevano dormire l’intera notte e fare 1 ora di turni di guardia a testa. Di certo non dovevano fidarsi delle sirene della polizia che si allontanavano: non dovevano farsi trovare impreparati in caso di un’irruzione notturna. Anna teneva in mano le bacchette di diversa lunghezza che avrebbero determinato a sorte i turni. Lui si era offerto per primo dal momento che era l’unico abituato ad andare a dormire tardi, quindi non era un problema per lui fare il primo turno. Guardò gli altri estrarre le rispettive bacchette e poi mettersi a dormire nei loro sacchi a pelo. Quando tutti furono a letto, si alzò e andò a perlustrare i corridoi del complesso universitario. Non spense le luci perché non voleva che qualcuno avesse la possibilità di nascondersi. Per passare quell’ora, decise di fare un salto nei laboratori di fisica a giocare con le attrezzature. Vide subito quello che più lo interessava: l’aula dei laser. Per lui che di scienza non capiva nulla, quegli oggetti erano un po’ misteriosi, pensava che la loro esistenza fosse relegata ai film di fantascienza, ma aveva scoperto che esistevano veramente solo due giorni prima. Quando entrò nell’aula, uno dei laser era acceso. Che strano, qualcuno aveva dimenticato uno strumento del genere acceso. Tuttavia non aveva idea di come spegnerlo, quindi premette il primo interruttore che trovò, prima o poi avrebbe trovato quello giusto.

- BAM! -

Tutti stavano dormendo quando si sentì l’esplosione. La prima cosa che notarono era che le luci si erano spente.
“Cos’è successo?” – “Prendete le torce, qualcosa non va” – “Non ci staranno mica già venendo per portarci fuori a forza?” – e altre frasi si diffusero nella stanza finché tutti non ebbero acceso le torce, dopodiché calò il silenzio.
“Bene, anzi male, malissimo – disse Carlo, che prese per primo la parola – ora dobbiamo dividerci in gruppi da due per non farci trovare. Soprattutto cerchiamo di capire cos’è successo, quindi andiamo in direzioni diverse. Avanti, non dobbiamo stare qui ancora per molto, sapevano dove ci trovavamo prima che se ne andassero.” Quindi i gruppi da due furono creati a caso, Carlo invece rimase da solo a sorvegliare quella zona.

“Ok, ho fatto la cazzata della mia vita” pensò Marco quando tutto quello che riusciva a vedere era un muro verde.
“Hai detto bene - gli disse una voce - peccato che sarai tu l’unico che non pagherà per questo errore”
“Chi ha parlato?” disse Marco. Provò a guardarsi in giro, anche se nel suo stato attuale non sarebbe servito a niente. Non riuscì nemmeno a fare quello, sembrava che fosse stato completamente sotterrato.
“Non ti interessa, tanto non mi crederesti dal momento che non puoi vedermi. Tuttavia sono qui per parlare con te. Per farti passare il tempo, fino a domani mattina, mentre i tuoi compagni non ti troveranno e finiranno nei luoghi sbagliati.”

Carlo guardò gli altri uscire dalla biblioteca finché la porta non si richiuse. Sospirò e pensò a Marco che era fuori da solo, come lui del resto. Ma almeno era sicuro che lui stesso fosse al sicuro, per il momento. Tese le orecchie: gli altri erano già abbastanza lontani, non si sentivano più i loro passi. Quindi si nascose sotto una delle scrivanie presenti nella biblioteca, sperando che, nel caso stessero già tentando di portarli via a forza, non avessero insistito più di tanto nell’abbattere le porte che aveva appena bloccato.

Anna e Annalisa – chiamata da tutti Anna – salirono le prime scale che trovarono mentre gli altri decisero di scendere. Era toccato a loro sorvegliare il piano superiore, anche se molto probabilmente non avrebbero trovato nessuno. Chi avrebbe mai avuto intenzione di andare da quella parte? Sopra c’erano solo i laboratori e nessuno di loro si trovava da quelle parti. A parte Marco, forse. Dove poteva essersi cacciato? Magari era stato lui a fare il danno, di solito metteva mano anche a cose di cui non conosceva nulla. Mentre salivano le scale, i rumori provenienti dai loro compagni cessarono, e a loro si sostituì il più completo silenzio. A quanto pareva, Marco non era nemmeno lì sopra; mentre percorrevano i corridoi, il completo silenzio non accennava a scomparire.
“Ma non sembra anche a te che ci sia troppo silenzio qui? - esordì Annalisa per stemperare la tensione. - Voglio dire, non è poi così tardi, qualche rumore da fuori dovrebbe sentirsi!”
“Ti stai facendo troppe paranoie” rispose Anna, ma nemmeno lei sembrava troppo convinta di quello che aveva appena detto, dal momento che appoggiò l’orecchio alla prima finestra che trovò. “Esatto, puoi sentire l’esterno appoggiando l’orecchio alla finestra”
“Sì ma non può esserci tutta questa differenza, i vetri non sono così spessi!”
“Ma qui siamo nei luoghi dove si costruiscono meraviglie, vuoi che non abbiano dei vetri insonorizzati?”
“Se lo dici tu… ehi guarda, vedi anche tu una luce accesa?”
“Ti stai facendo inf… - Anna si interruppe, vide anche lei che dalla fessura di una porta usciva un po’ di luce – stavolta hai ragione, sembra che lì dentro la luce sia rimasta accesa, che strano. Stai all’erta, potrebbe anche essere una trappola.”
Quindi si avvicinarono alla porta disponendosi ad entrambi i lati di essa. Dopodiché Anna aprì di scatto la porta.

“Oh, guarda, a quanto pare è già arrivato qualcuno. Dovrebbero essere onorati di essere i primi ad assistere a questo spettacolo.”
Marco provò ancora a muoversi ma non ci riuscì. Poteva solo sentire delle voci confuse provenire da molto vicino.

Quello che Annalisa vide oltre la porta la lasciò di stucco. Appena fece un passo dentro quello che prima era una stanza, si ritrovò in mezzo ad un immenso prato fiorito. Il paesaggio sembrava stendersi all’infinito, nemmeno un’altura a vista d’occhio; era un’immensa distesa senza fine.
“Mamma!” sentì dire dietro di lei. Quando si voltò, vide un bambino che correva verso di lei. O, meglio, non sapeva come altro definirlo: aveva la pelle verde e i capelli non sembravano simili a quelli di una persona normale, tuttavia per il resto poteva sembrarlo. Vide di sfuggita le proprie mani, e notò con orrore che erano diventate verdi anch’esse. Mentre le osservava, ebbe l’impulso di controllare se non fosse cambiato anche il viso, scoprendo soltanto che si ritrovava con una barba corta.
“Mamma!” la sua attenzione tornò sul bambino, ma questa volta guardò dietro a lui. Una figura spaventosa, completamente nera, rincorreva il bambino, che non sembrava accorgersi di nulla. Da lontano sembrava un miraggio, ma quando si fece più vicina la figura si delineò, anche se appariva come un fantasma nero in mezzo alla luce. Brandiva una spada, e la stava sollevando in aria mentre si avvicinava ad una velocità che avrebbe detto irreale. Annalisa fece istintivamente un passo avanti e allungò una mano, poi senti una mano che si posava sulla sua spalla e…
“Anna… Anna!” la voce di Anna la riportò alla realtà. Di colpo il mondo in cui sembrava che fosse entrata svanì in un lampo di luce e quello che vide fu solo una stanza vuota. “Quando ho aperto la porta sembrava che avessi uno sguardo allucinato. Sei sicura di stare bene? Sembrava che ti volessi lanciare in avanti!”
“Io… - provò a dire Annalisa, mentre ricollocava le idee al loro posto – sì, sto bene. E’ che ero stupita dal fatto che questa stanza non sia al buio come le altre. Voglio dire, guarda! E’ una stanza completamente vuota! Per essere ancora illuminata dovrà avere un generatore autonomo da qualche parte”
“Allora andiamo a cercarlo, potrebbe essere che il suo circuito elettrico sia separato dal resto dell’edificio ma che ci sia un quadro centrale con tutti gli altri”
“Se lo dici tu… io non mi intendo minimamente di queste cose”
Così continuarono a vagare per i corridoi.

Carlo era sempre più nervoso mentre aspettava che accadesse qualcosa. Sembrava che l’intero mondo si fosse ridotto alla stanza in cui si trovava, da quando era rimasto da solo non aveva sentito alcun rumore provenire dall’esterno. Possibile che tutto doveva essersi zittito all’improvviso? Bussò sul legno di un tavolo: il rumore sembrava risuonare normalmente, se c’era un problema era solo all’esterno. Improvvisamente comparì un rumore. Carlo non fece in tempo a sospirare di sollievo che il piccolo rumore diventò un forte respiro affannoso, e ovviamente non era il suo. Guardò in tutte le direzioni ma non vide nulla. Mentre stava pensando a dove poteva provenire quel rumore, sentì una goccia cadere tra i suoi capelli.

Marco sentì la voce misteriosa ridere sempre più forte. “Che brave – disse, dopo che ebbe smesso – mi hanno pure aperto la porta! Ora credo che farò visita a tutti qui dentro…”
Provò ancora una volta a muoversi. Nulla. Sembrava intrappolato da forze invisibili. Era inerme di fronte a quello che stava accadendo; ma almeno poteva pensare per farsi ascoltare. “Chi sei tu? Da dove vieni? E cosa vuoi fare qui?”
Un’altra risata. “Non servirebbe a niente risponderti. Non capiresti ciò che ti dovrei dire.”
“Voglio solo saperlo, non importa se ti capisco o no.”
“Uhm… va bene, se questo può servire a farti passare il tempo. Peccato che tra nemmeno un minuto perderai il filo del discorso, la premessa da fare è lunghissima e molto complicata. E’ risaputo che all’azione di una forza corrisponde una reazione uguale e contraria…”
Marco capì subito che non avrebbe compreso nulla.

Andrea stava inseguendo il suo compagno di gruppo Luigi che si era messo improvvisamente a correre. Avevano deciso di rimanere al piano terra per aiutare Carlo che era rimasto da solo, per il piano inferiore basavano gli altri due ruppi Ma una volta tornati al piano superiore, Luigi aveva sentito degli strani rumori che, a giudicare dalla reazione, lo avevano spaventato. Si dirigeva verso l’ingresso, quindi era chiaro che volesse fuggire dall’edificio. Ma Andrea non avrebbe permesso che le sue stupide paure avessero il sopravvento: lo avrebbe riportato alla ragione anche legandogli mani e piedi. Tuttavia pareva che l’inseguimento dovesse continuare fuori: Luigi stava raggiungendo il grande ingresso centrale. All’improvviso si fermò. Sembrava che avesse cambiato idea, fino a quando non si voltò per guardarlo.

Veronica si appese al braccio di Francesco quando sentì un tonfo sordo provenire dal piano superiore. Francesco sbuffò: lei non era di certo una delle donne più leggere al mondo e lui non era di certo uno dei più robusti. Dopodiché Veronica cominciò a lamentarsi, come suo solito.
“Mio dio, cosa succedendo qui? E’ tutto così buio e strano… sto già immaginando cose che non dovrebbero esserci, ad esempio, come può esserci una persona lì in fondo, e come posso vederla se è immersa nel buio? Oh, povera me…”
Francesco rise: “Stai diventando troppo suscettibile, in fin dei conti è solo un black-out.” Ma anche lui vedeva qualcosa in fondo al corridoio. Non voleva ammetterlo, ma forse anche lui cominciava a immaginare le cose nel buio. Eppure la figura era fin troppo materiale, era talmente definita che poteva essere reale.
A malincuore Francesco disse: “Anch’io vedo qualcuno in fondo a questo corridoio. Eppure non mi sembra che lo stia immaginando.”
“Cominciavo a pensarlo anch’io. Nascondiamoci, non sarà di sicuro qualcuno dei nostri.”
Appena Veronica finì di pronunciare queste parole, il corridoio sfociò in un piccolo atrio, così si nascosero in due angoli opposti della stanza. Quando si furono sistemati, cominciarono a sentire un rumore di passi. Quindi effettivamente qualcuno era presente da quelle parti. I passi si avvicinavano, si facevano sempre più forti, e quando il rumore entrò nell’atrio… la figura che si aspettavano di vedere apparse dal lato dove erano entrati. Sorrideva.

“Quindi possiamo dire che l’entropia…”
Se c’era una cosa positiva di quella voce, era che almeno lo faceva rimanere sveglio nonostante parlasse di cose noiosissime e di nessuna utilità per lui. Intanto, Marco provava a muoversi e a liberarsi dalle catene invisibili che lo stavano tenendo completamente bloccato. Ora che ci pensava, però, non potevano essere catene. Lui non poteva muovere un singolo muscolo, per cui anche tentare di smuovere fisicamente la situazione non era possibile. Doveva pensare.

Carlo alzò lo sguardo al soffitto con orrore. La stanza non aveva più un soffitto. Aveva qualcos’altro; non poteva essere il cielo, non c’erano stelle e al loro posto si vedevano delle scie luminose. Inoltre, sembrava che fosse liquido, c’erano increspature vicino a dove alcune gocce d’acqua cadevano a terra. Mentre camminava con lo sguardo al soffitto, inciampò in una sedia e cadde a terra. Purtroppo si trovava vicino agli scaffali di vetro. Sentì le schegge di vetro che gli tagliavano la pelle mentre finiva con la testa in mezzo ai libri, e urlò di dolore. Ma la prima cosa a cui pensò fu di tornare a guardare il soffitto, era come ipnotizzato da quella vista. Improvvisamente, l’acqua smise di cadere, tranne in un punto; passarono pochi secondi e in quel punto sembrava che ci fosse una cascata, e Carlo ne osservò la cima. Con orrore, vide che da quel punto stava spuntando qualcosa.

“Luigi!” urlò Andrea. “Andrea – disse Luigi – cosa è successo alla tua faccia?”
Andrea rimase di stucco. Cosa avrebbe dovuto dire lui? Le guance di Luigi erano praticamente scomparse, poteva vedere i denti spuntare dai lati della bocca. La pelle era diventata quasi grigia e aveva perso molti capelli vicino al volto, nonché gli occhi si erano illuminati di rosso e avevano perso l’iride.
“Ma ti sei visto in faccia? La tua è diventata orribile! Come hai fatto a ridurti così?”
“Come? Non ti ricordi che tu mi hai tirato un pugno proprio qui quando ho provato a scappare? – indicò quella che avrebbe dovuto essere la sua guancia. Ma un pugno non riduceva in quel modo un volto. Luigi si mise a ridere – “Invece vedo che a te hanno tirato le orecchie, con quelle punte sembra che tu sia diventato un elfo! Scommetto che anche la tua pelle si è schiarita e i capelli sono diventati lunghi e biondi!”
Andrea si toccò le orecchie. Erano normalissime. La sua pelle aveva ancora lo stesso colore e i capelli erano esattamente come prima. Ma cosa stava succedendo? Andrea gli rispose a tono, anche se non avrebbe voluto farlo in questo modo: “Ma stai zitto! Se ti vedessi in faccia sembra che tu sia un cadavere che si è appena rialzato dalla tomba!” Di sfuggita Andrea riuscì a vedere fuori dall’edificio: non c’era nemmeno una luce. Possibile che il black-out fosse stato totale?
Il pensiero lo distrasse troppo: senza alcun preavviso, Luigi si fiondò su di lui. E non certo in modo amichevole.

“Eccolo! Il pannello centrale è qui!” Annalisa raggiunse Anna: meno male che le ricerche avevano prodotto un risultato. Stranamente non era chiuso a chiave, per cui potevano agire tranquillamente su tutti i comandi. Ma appena aprirono la teca che li conteneva, dovettero tapparsi il naso.
“Bruciati! Tutti bruciati! – disse Annalisa – a quanto pare non possiamo riparare nulla e dovremo stare al buio fino a domani! Oh, quando mai ho accettato di stare qui stanotte…”
“Zitta! Come vedi un filo si è scollegato e quest’altro è rimasto intatto. Forse, mettendo questo filo al posto di quest’altro…”
Appena Anna staccò il filo la scena che comparve davanti agli occhi di Annalisa cambiò completamente: ma era una scena molto familiare.
“Mamma!” Ecco che ricominciava: ma questa volta poteva vedere anche Anna. Anche la sua pelle era diventata verde, ma era rimasta una donna; invece Annalisa – come poteva constatare toccandosi il mento – possedeva ancora una barba. Il filo che Anna aveva staccato era diventato un rametto.

“So dove vi trovate, nascondervi è inutile!” La figura apparsa dove né Veronica né Francesco si aspettavano non ebbe esitazione a prendere una direzione. Francesco se la trovò presto di fronte. Al posto degli occhi possedeva due buchi neri e solchi altrettanto neri ai lati della bocca. La sua mano saettò per prendere il colletto della felpa di Francesco e lo sollevò in aria senza apparente sforzo. “Penso che dovrai subire un piccolo trattamento, ti vedrei molto meglio… da morto”
Francesco deglutì a fatica: vide che l’uomo portava una spada, e cominciò a sudare freddo quando portò la mano all’elsa.
“Oh, questa? – quella specie di uomo rise molto più forte di prima – “No, non è abbastanza… sanguinosa, che ne dici invece di… - il suo sguardo, per quello che poteva capire da quelle sfere nere, si fissò in un punto della stanza. Francesco vide quel punto avvicinarsi sempre di più. Poteva addirittura vedere che quella persona si stava leccando i baffi, pregustando la scena che avrebbe scatenato. Arrivò dove c’era un enorme telo. Francesco non riusciva a capire cosa fosse, ma ci pensò l’altro a farglielo scoprire; levò il telo prima di parlare ancora una volta.
“Che ne dici… di una ghigliottina?”

“La teoria dei multiversi…”
A Marco cominciava a far male la testa con tutte le parole complicate che aveva sentito. Ne aveva abbastanza di questa farsa. Provò a risolvere la questione in modo definitivo.
Voglio ammazzarti. Un pensiero così diretto arrivò subito al punto. Il flusso di parole si interruppe e fu sostituito da una risata. “Se ci riesci… mi stai forse sfidando a duello?”
Esatto. La risata cessò. “Bene, penso allora che non ci sia bisogno di altro tempo.” Pochi secondi dopo sentì qualcosa toccargli la testa. Ehi, liberami prima di iniziare!
“Davvero? Beh, avresti dovuto prima chiedermelo!” Mentre sentiva la solita odiosa risata, Marco avrebbe sospirato, se ne avesse avuto la possibilità. Si preparò a morire.

“Mamma!” Annalisa si voltò verso il bambino. Ora la figura nera alle sue spalle era indefinita come prima ma si trovava a ridosso del bambino. Sentì una mano che si appoggiò sulla sua spalla ma questa volta non la riportò alla realtà. La spada dell’ombra nera cominciò a calare. Annalisa si tolse la mano dalla spalla e corse verso il bambino. In un estremo tentativo di salvarlo, si buttò verso di lui e…

Carlo guardò con orrore la figura che stava spuntando da sopra di lui. Non ci volle molto per riconoscerla. No! No! No! Continuava a ripetersi in testa questa parola. All’inizio pensò di trovarsi in un incubo, ma la sensazione di dolore era troppo reale perché fosse solo un sogno. Riconobbe immediatamente gli occhi che spuntarono dalla superficie increspata: gli occhi appartenevano a Marta, la sua vecchia fidanzata che era morta suicida un paio di anni prima. Non l’aveva mai dimenticata da allora, i suoi sogni erano sempre tormentati dalla sua presenza ma… ora che era davanti a lui, era immobilizzato. Quando uscì allo scoperto anche la bocca, una voce cominciò a sussurrare nella sua testa.
“Vieni con me… puoi cominciare un’altra vita, via di qui, via da tutte le preoccupazioni… soli, io e te… rinuncia alla tua vita qui e vivi con me per l’eternità… - la mano di Marta si tese verso di lui, e Carlo copiò il movimento – prendi la mia mano… e anche il tuo posto accanto a me.” Le dita di entrambi erano vicinissime…

Andrea e Luigi erano avvinghiati l’uno all’altro, stavano lottando con una ferocia inaudita, sembrava che avessero imparato a combattere fin dalla nascita. Entrambi avevano dato e ricevuto colpi abbastanza forti da stendere anche un toro, ma per qualche motivo entrambi rimanevano in piedi. Un piccolo buco nel muro di cemento testimoniava la violenza dello scontro. Da dove proveniva tutta la loro forza era un mistero, ma nessuno dei due poteva chiederselo in quel momento, impegnati com’erano nella lotta. Nessuno dei due sembrava prendere il sopravvento. Ma Andrea fece un passo falso: a un certo punto si trovò con le spalle dal muro e non poté evitare la presa di Luigi, che lo bloccò efficacemente nel punto in cui si trovava.
“E’ finita per te – Andrea sentì un rumore metallico e notò con orrore che Luigi possedeva un pugnale – dunque, vuoi essere ucciso direttamente oppure posso prima tagliare quelle orribili orecchie appuntite che ti ritrovi? In ogni caso, penso che mi prenderò il tuo scalpo, da morto non ti servirà a nulla.”
A nulla servirono gli sforzi di Andrea per liberarsi: era bloccato nel punto in cui si trovava. “Beh, penso che la farò finita subito allora.” Andrea deglutì mentre Luigi sollevava il pugnale, chiuse gli occhi e…

Veronica non poteva fare altro che guardare terrorizzata la scena davanti a lei; voleva scappare ma era sicura che le gambe non l’avrebbero sorretta per molto. Quella strana persona aveva avuto anche il tempo di vestirsi da boia per l’occasione, dopo che Francesco era stato legato e la sua testa infilata e pronta per essere tagliata. “Dopo toccherà anche a te, puoi scappare se vuoi, ma non ti servirà a nulla, ti troverò prima io di qualsiasi altra persona” aveva detto. Non poteva sopportare quella scena: ora era rinchiusa su sé stessa a piangere. Quell’uomo guardava la ghigliottina in adorazione, come se fosse un oggetto sacro, e la accarezzava come se fosse una figlia per lui.
“Non c’è bisogno di perdere altro tempo, avrò tempo per pregustare anche la morte della seconda vittima. Sai – disse rivolgendosi a Veronica – penso che la tua testa mozzata sarà molto carina, la appenderò al muro dopo che l’avrò baciata. Sì. Sì.” Francesco tremava vistosamente, per quanto gli era possibile, sapeva che in quel momento stava per vedere la morte in faccia.
“Muori! Muori! Muori!” urlò il boia. Veronica oltre a distogliere lo sguardo si tappò le orecchie; Francesco sospirò e…

Marco a un certo punto non sentì più la mano sulla testa. Al suo posto, ne sentiva due sui fianchi che lo scuotevano vistosamente. “Marco… Marco!” il muro verde di fronte a lui improvvisamente prese forma. Una forma familiare. Mario e Michele l’avevano trovato, finalmente. “Ma… cosa è successo?” chiese Marco subito dopo che tutti i sensi erano tornati alla normalità.
“Non lo sappiamo nemmeno noi. Ti abbiamo trovato immobile immerso in una strana luce verde, la stessa del laser. Tra l’altro, questa stanza non dovrebbe nemmeno esistere. A quanto pare, sei finito in un posto top-secret: questi sono laser militari, non utilizzabili da molti. Non so cosa hai toccato, ma hai provocato una strana reazione in tutto l’edificio, tutto era al buio e accadevano strane cose. Pensavamo che anche tu fossi intrappolato in quelle strane… cose, ma sembra che la tua sia stata la fonte di tutto. L’importante è che ora tutto sia tornato alla normalità, o almeno, qui è tutto a posto ora.” Questa fu la spiegazione di Mario.
“Quali… cose?” Marco era ancora molto intontito da quella esperienza, il mal di testa era rimasto.
“E’ stato… orribile – Michele prese la parola – ho passato l’equivalente di 10 anni in quella bolla verde, ma qui non è passato nemmeno un secondo. Qui fuori c’erano delle nuvole di gas verde che giravano liberamente per i corridoi. Quando ti abbiamo raggiunto ne sono nate altre due dalla tua e… ci hanno preso.”
“Io invece ho passato 5 anni, ma evidentemente scompaiono quando raggiungi la certezza che in realtà sono delle illusioni. Se non avessi spento il laser, sarebbe potuto accadere di tutto.”
Entrambi erano arrossiti. Non volle indagare su quello che avevano passato in quegli anni. “Ora andiamo a ritrovare gli altri”
“Va bene, ma dovresti raccontarci cosa hai fatto” rispose Mario.

Veronica sentì una mano prenderle la testa. Era arrivata la sua ora, a quanto pareva. Erano passati 10 minuti da quando aveva visto per l’ultima volta Francesco, e non voleva sapere cosa quell’uomo aveva fatto al suo corpo. Aprì gli occhi e, con grande sorpresa, si ritrovò davanti Francesco. Senza dire una parola, Veronica gli saltò al collo, ed entrambi crollarono a terra, evidentemente non si era ancora ripresa da prima. “Pensavo che fossi morto – disse Veronica – come hai fatto a sopravvivere, e soprattutto, dove è finito… lui?”
“Semplice, è scomparso nel nulla dopo che mi ha detto di morire. Senza nemmeno un rumore o una nuvola di fumo. Se non ti fossi tappata occhi e orecchie, mi sarei liberato anche prima. La ghigliottina era finta, ma quelle corde erano fin troppo reali. Però mi domando come sia potuto accadere tutto que…”
Un bacio dissolse tutti i pensieri.

“Ahia!” urlò Andrea. Sentì un pugno nello stomaco, ma in realtà era sollevato, poco prima qualcuno stava per ucciderlo. Aprì gli occhi e con grande sorpresa, ritrovò Luigi come al solito. La sua faccia era tornata normale.
Entrambi si guardarono per alcuni secondi, finché Andrea tirò un calcio negli stinchi a Luigi per staccarselo di dosso. “Ma… che è successo?” Chiese Luigi massaggiandosi la gamba colpita.
“A quanto pare eri in un altro mondo, mi stavi ammazzando e nemmeno te lo ricordi” rispose Andrea.
Luigi lo guardò perplesso: “A dir la verità potrei dirti la stessa cosa, prima che si riaccendessero le luci mi stavi per baciare.” Andrea si irrigidì immediatamente. Avevano due ricordi così diversi dell’accaduto? Ma l’ultima frase che Luigi gli disse gli aveva detto aveva fatto attorcigliare il suo stomaco. Meno male che non aveva mangiato.
“Te lo sarai sicuramente immaginato”
“In effetti mi era sembrato strano che improvvisamente avessi cambiato personalità… ma io perché volevo ucciderti?”
“Sembravi diventato pazzo.”
“Potrei dirti la stessa cosa.”
“Provamelo!”
“E tu potresti provare quello che dici?”
E andarono avanti così per molti minuti.

Annalisa si trovò senza l’aria sotto i piedi, ma ebbe la prontezza di riflessi necessaria per non sbattere la testa contro il muro. Le mani riuscirono ad attutire il colpo.
“Anna! - gridò Anna – ma cosa ti salta in mente! Sei proprio impazzita! Per fortuna che c’era un muro e non una finestra! Ora capisco cosa volevi fare prima!”
“Io… non so, mi sarò immaginata… ma c’era un bambino che stava venendo ucciso…proprio qui dove sono io adesso.” Rispose Annalisa.
“A quanto pare ti sei proprio fusa il cervello! Alzati, sembra che la corrente sia tornata. Nemmeno io pensavo di fare tutto questo in così poco tempo!” Disse Anna tutta orgogliosa di sé, mentre osservava Annalisa come se fosse una pazza.
Annalisa ricambiò lo sguardo con uno simile.

Alla fine tutti si rincontrarono davanti alla biblioteca, e si misero a parlare di quello che era appena successo. Tutto era stato molto strano, ma decisero per prima cosa di tornare a dormire, fuori era ancora notte. Tuttavia le porte erano ancora bloccate come avrebbero dovuto essere.
“Carlo aprici! Siamo tornati tutti sani e salvi, si sono riaccese le luci - urlò Andrea, ma non ottenne risposta – Cosa gli è successo? – urlò ancora più forte tirando un calcio alla porta – avanti, dobbiamo sfondarla!”

La porta era molto più resistente di quel che pensarono, quindi dovettero uscire per chiedere aiuto, ma questo significava abbandonare l’occupazione. Quando alla fine entrarono in quella stanza - e nessuno sapeva come fosse stato possibile – Carlo non c’era. Non l’avrebbero mai più ritrovato.

You can never know everything,
and part of what you know is always wrong.
Perhaps even the most important part.
A portion of wisdom lies in knowing that.
A portion of courage lies in going on anyways.


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