Scritto da: Lord Drago 16/06/2006 14.17
Rispondo rapidamente, speriamo di nn uscire troppo dal seminato. Innanzi tutto mi preme far presente che io ho una formazione quasi prettamente tecnico-scientifica e pertanto assunti non dimostrabili non sono molto di mio interesse. Ad ogni modo, il linguaggio, sia scritto che parlato, non è altro che una convenzione sociale per esprimere dei concetti. La lingua ha un carattere relativo, il concetto ha un valore assoluto. E' ovvio che una lingua ha un'impronta culturale ma è la cultura che influenza la lingua e nn viceversa, proprio perché la lingua è una creazione dell'uomo. Per fare un esempio, l'espressione "fare un 48" è conseguenza dei moti del 1848 (non credo esista in altre lingue). E' la storia che ha creato il modo di dire...sarebbe paradossale affermare il contrario. Allora io direi piuttosto che non si può capire bene una lingua se non se non conosce la storia. I concetti espressi, invece, possono tranquillamente migrare da una lingua ad un'altra, da una cultura ad un'altra. Che mondo triste sarebbe altrimenti.
Tutto questo IHMO e senza "alcun intento ironico"
Ultimo OT, promesso. (se vuoi ne parliamo via mail.)
I concetti migrano sicuramente, ma proprio perchè non traducibile capirò l'impatto sociale in Italia dei moti del '48 solo se conosco l'italiano. Un inglese, nella cui lingua la frase verrebbe resa con altri termini, non potrebbe, o quantomeno farebbe fatica.
Prendiamo l'etrusco: sappiamo che se affiorasse il millesimo testo etrusco rimarrebbe ancora muto, perchè la lingua etrusca ci è per gran parte ignota, e tutto quello che sappiamo è ermeneutica concettuale, della quale non abbiamo prove.
Così è lacerante la rinuncia ad avere un colloquio con quel popolo, ad ascoltare ciò che i miti nascondono nei labirinti di anime antiche, di ciò che quel popolo saprebbe comunicarci dalle nebbie del passato. La non conoscenza della lingua, nonostante i concetti passati attraverso altri popoli, ci porta all'incomunicabilità con gli etruschi.
Tutto il resto è congetture, bellurie di noi moderni, degrado di una scienza che non è in possesso di una verità perenne, ma una quotidiana e affannata ricerca.
Fine OT.
torniamo a JRR vs RJ.
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Omnia sunt communia.