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05/11/2005 12:11 | |
una tiste andii entra nella sala, cosa strana, porta un'arpa a tracolla e pare assai imbarazzata. si siede, giocherella col pugnale ed esordisce rivolgendosi al pubblico impietoso:
non sono abituata a narrare gesta eroiche o imprese felici, ma una cosa io so fare.
la morte so cantare e la tristezza che accompagna ogni anima umana, per cui, sia silenzio, scende la notte.
Requiem per una ribelle
Valzer nel miele per orsi, api e moschine.
Arida
L’aria ferma ti nomina,
nelle pieghe
amare
della terra bruciata.
Nel sole incandescente
Getti
Il vuoto dei tuoi giorni;
e correndo avanti,
vorresti tornare indietro.
Sorella dei giorni più bui,
l’unica luce che vedi appartiene
ad una stella spenta.
Verrà la fine
Ma non come l’aspetti.
Forse avrà il mio viso,
forse il tuo.
Ti tenderà la mano,
fresca
nel calore eccessivo;
e lieve
e funesta,
aliterà il tuo nome
alla penombra.
Nel crepuscolo estivo
Danzerai,
cogliendo col velo dei capelli
i raggi morenti.
Canterai
La tua nenia antica di bambina
E gioirai
Cadendo a terra, del respiro rauco.
Menade forsennata
Voli sola.
Hai spezzato ogni vincolo
Di sangue,
lacrime,
sudore.
Non ci lasci scritti,
ne parole
sagge.
Non ci lasci a ricordarti
Che un lamento,
fiori agonizzanti,
i pesanti calici piegati,
e rintocchi di campane.
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