Stava sognando, ne era certo. Tutto era buio, il buoio era tutto.
Niente altro esisteva, solo il ricordo di un abbraccio rassicurante. Poi la vide, una piccola luce lontana. Tanto piccola da sembra insignificante ma tanto brillante, ancor di più per il buio profondo.
Come se la luce lo avesse rinvigiorito iniziò a sentire due voci e non senza fatica riuscì a distinguerle e riconoscerle. Erano l'ometto e la donna che discutevano, o meglio lei parlava e lui rispondeva a monosillabi.
".... finalmente è nostro." terminò lei
Nostro? Cosa vuol dire, cosa mi hanno fatto? La paura lo prese e rischiò di sopraffarlo nuovamente ma nuovamente la luce apparve, più forte di prima. Come un minuscolo sole gli donò energia e dissipò la paura. Riuscì ad aprire gli occhi e trattenne a stento un gemito di stupore; la donna non era più seducente sebbene forse lo fosse stata, ma ora era sciatta e scarna con i capelli secchi e radi. Non completamente di profilo gli permetteva di vedere quella bocca sensuale e perfetta, ma questo era prima, ora vedeva le labbra devastate e secche che incorniciavano pochi denti marci. L'ometto non era da meno, già trascurato in precedenza ora dominava di lui il solo sguardo, pieno di malizia e di malinconia.
Dopo qualche tentativo riuscì ad alzarsi a fatica e si trovò faccia a faccia con i due.
"Cosa volete da me?" era preoccupato ma la rabbia cresceva dentro di lui.
"Vogliamo te" rispose la donna con fare canzonatorio, come se lo avessero già ed in un attimo aggiunse "Non ci puoi sfuggire."
"Non è vero, posso andarmene ancora." ma la verità era che la rabbia cedeva il passo a nuovo sconforto.
"Oh, no che non puoi." la voce sicura di lei trovava riscontro nella tranquillità dell'ometto che non si era ancora mosso, lo sguardo sempre perso chissà dove. "Tu sei venuto da noi perchè noi potessimo trattenerti, qui sei al sicuro, al riparo dalle sofferenze."
Sofferenze? Incominciò a rimuginare sulla parola, perchè volevano proteggerlo dalle sofferenze? Cosa importava loro.
Da dove venivano... Davvero li aveva chiamati lui? Chiamati, forse...
La consapevolezza lo colpì come un pugno, ora sapeva dov'era. Era a casa, nel suo letto. In preda alle sue paure e alla manifestazione della realtà. Si era lasciato andare, rischiava di perdere il lavoro andando alla ricerca di un passato che mai sarebbe tornato. Si isolava, si lasciava andare allo sconforto, alla disperazione e si nutriva di essi.
Ora sapeva.
E cercò la luc, la luce che lo aveva salvato prima lo avrebbe fatto di nuovo. Alla fine la vide, lungo la strada che stava percorrendo prima di fermarsi. Di corsa si lanciò oltre le sue paure e le superò, le figure urlarono disperate ma avevano perso. Lui correva verso la luce. Un incubo finiva ma la realta tornava.
Poco prima di arrivare alla luce le parole gli tornarono alla mente.
"La vita è come un fiume che ci porta dalla montagna fino a valle, noi possiamo seguire il suo corso e nient'altro."
"Vero, ma è anche vero che anche nel fiume più piccolo possiamo spostarci da una sponda all'altra alla ricerca del nostro personalissimo percorso."
E con questi pensieri capì il perchè del viaggio...
[Modificato da Mat Cauthon 02/03/2005 23.37]
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Tai'shar Manetheren.
Los Valdar Cuediyari! Los! Carai an Caldazar! Al Caldazar!