Per quel che mi riguarda, una delle caratteristiche migliori di jordan è quella di inserire nei suoi romanzi gli aspetti che potremmo definire secondari. Normalmente nel fantasy abbiamo un gruppetto di eroi che svolgono quest personali che hanno lo scopo di confluire in un'epica (e tipica) battaglia finale. Secondo me questo schema è poco "realistico". RJ ha ovviato a questo mancanza (IMHO) facendo sì che le quest personali non siano "staccate" dal filone principale ma risultino intercalate in un unico fluire. In più, sono tutte di proporzioni ciclopiche. Faccio un esempio. Pensate alla saga degli eredi di shannara. Primo volume introduttivo, presentazione di tutti gli eroi e focalizzazione sulle vicende di uno. Secondo e terzo volume dedicati ai personaggi precedentementi relgati al ruolo di comparse. Ultimo volume battaglia finale. Le vicende narrate nei primi tre volumi sono conformate intorno ai personaggi, hanno una dimensione "intima". Jordan invece fa sì che i suoi personaggi agiscano sullo sfondo di vicende che hanno un interesse di tipo "nazionale", se mi passate il termine.
Tuutto questo per dire che secondo me tpod esemplifica questo aspetto in maniera chiarissima (nel settimo si cominciava ad intravedere). Amo questo volume per questo motivo. E' l'irruzione della "realtà" nel fantasy.

Più nel dettaglio, mi sono piaciuti i capitoli dedicati ad egwene ed un po' meno quelli su perrin. Ho sofferto nel vedere il Drago in difficoltà, ma soprattutto ritengo un pezzo di rara bravura l'aver reso gli ashaman nuovamente umani. Nel sesto volume sono macchine per uccidere; sono descritti in maniera distaccata, non hanno quasi tratti umani. Ora invece ci vengono dipinti con tutti i difetti che si possono osservare in tutte le persone.